Il pubblico ha appena assistito alla proiezione di “Siccità”, ultimo lavoro del regista livornese, uno sguardo su solitudine e aridità delle relazioni umane.

«Il futuro è lì, lì c’è lo sguardo verso una realtà che fa improvvisamente impallidire e diventare quasi un disturbo cognitivo il rapporto con la realtà, nella discussione politica contemporanea, che non ha questo tema come primo punto all’ordine del giorno». Si infervora, Paolo Virzì, quando si parla di giovani e dello slancio con cui – anche se con goffaggine mediatica, non importa – affrontano il problema della crisi climatica. La cornice è Cinema in Verde, a Roma, il primo Festival di cinema che racconta temi legati alla sostenibilità, organizzato dall’assessorato all’Ambiente di Roma Capitale e dall’agenzia di comunicazione Silverback.

La monumentalità di Roma sullo sfondo

Il pubblico ha appena assistito alla proiezione di “Siccità”, ultimo lavoro del regista livornese, nato in tempi di pandemia dal confronto con Francesca Archibugi, Paolo Giordano, Francesco Piccolo come sguardo sulla solitudine e sull’aridità delle relazioni umane. Sullo sfondo la monumentalità di una Roma spettrale e infestata dalle blatte, che amplifica il senso di sgomento.

L’Italia affonda nel Mediterraneo

Nel narrare la «distanza smisurata che intercorre tra discorso pubblico e realtà», Virzì si sofferma poi sull’Italia, Paese che «affonda nel Mediterraneo come una lama» e sulla stretta – non condivisa – decisa dalla politica nei confronti di «poche decine migliaia di disperati, che affrontano odissee terrificanti». Per il regista non è altro che «un piccolo teaser di quello che avverrà tra qualche decennio, quando intere parti di un Pianeta ormai inospitali si muoveranno».

L’emergenza climatica entra nella narrazione mainstream

Il tema dell’emergenza climatica, finora sfiorato quasi esclusivamente da film di fantascienza, o da film distopici, ma sempre distante dal cinema popolare, sta entrando nella narrazione mainstream. «Non c’è dubbio che il compito del cinema adesso, come di tutte le arti narrative, sia quello di assorbire il tema dei temi guardando ai papers degli scienziati», argomenta Virzì, citando a futura memoria il linguaggio cartografico di Telmo Pievani. Marco Gisotti, autore del libro Ecovisioni (25 anni di storia del cinema attraverso 150 opere cinematografiche) conferma una richiesta anche da parte del pubblico: «Ora che l’emergenza è scoppiata, c’è fame di questo tema in maniera conscia: la narrazione popolare ne ha bisogno».

Articolo scritto da Silvia Marzialetti per Il Sole 24 ore

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